Tagli Coca-Cola per la Sicilia crisi dall’agricoltura all’industria
Tagli Coca-Cola per la Sicilia crisi dall’agricoltura all’industria
«Abbiamo lanciato il nostro grido d’allarme già diverse settimane fa, per dire “no” a sugar e plastic tax.
Avevamo paventato il taglio di 151 posti di lavoro nel nostro stabilimento di Catania,
ma con l’annuncio odierno di Coca-Cola Hbc il rischio diventa ancora più grande:
la sospensione di investimenti in Italia da parte del Gruppo e l’annuncio dell’acquisto di arance per la Fanta non più in Sicilia ma all’estero,
con il fine di sgravare i costi appesantiti oltremodo dalle misure del Governo, spingerebbe davvero la Sicilia nel baratro.
Sibeg dovrà fare i conti non più con il ridimensionamento di produzione e risorse, ma con la sopravvivenza stessa dell’azienda».
A parlare è Luca Busi, amministratore delegato dell’azienda siciliana che imbottiglia bevande a marchio Coca-Cola,
presente insieme al presidente Sibeg Cristina Busi Ferruzzi, ai lavoratori e ad altre delegazioni imprenditoriali dell’Isola,
alla protesta Assobibe che si è svolta oggi a Montecitorio contro le due tasse inserite nella Legge di bilancio.
«Avevamo ricevuto rassicurazioni dal viceministro Buffagni durante la sua visita istituzionale nei nostri stabilimenti – continua Busi –
con la disponibilità ad aprire un dialogo costruttivo che potesse rassicurare l’intero comparto, ma purtroppo il governo è andato dritto per una strada che trascina tutti in un burrone,
senza tener conto dei sacrifici di quelle piccole realtà che già a fatica tentano di sopravvivere in un mercato altamente competitivo e in un territorio difficile come la Sicilia».
Coca-Cola, che tanto ha investito sulla filiera agrumicola nostrana, sulle infrastrutture, sui progetti sociali, e che nel 2018
come dimostra l’impatto occupazionale presentato qualche giorno fa
ha distribuito e generato in Sicilia risorse per 48,2 milioni di euro (pari allo 0,05% del PIL regionale), oggi è costretta a fare inversione di marcia, rivedendo i piani di sviluppo.
Questo vuol dire cancellare con un colpo di spugna il lavoro fatto fin qui, depauperando territori che sono già in sofferenza e mettendo
a repentaglio la serenità di centinaia di lavoratori e delle rispettive famiglie.
Per la prima volta imprenditori e lavoratori scendono insieme in piazza:
un segnale che dovrebbe far riflettere, e non poco, sulla correttezza di alcune valutazioni che hanno oltrepassato le barriere del buonsenso».