Siracusa: Al Teatro comunale “Phaedra” di Bassetti e la regia di Anfuso
Secondo appuntamento, sabato alle 20,30, con “Variazioni sul mito”, il cartellone di spettacoli organizzato dall’assessorato alla Cultura per il Teatro massimo comunale. Di scena ci sarà “Phaedra” di Alberto Bassetti diretta da Giovanni Anfuso, regista catanese sempre apprezzato per la sue messe in scena, come quella recente dell’Inferno di Dante. “Un altro imperdibile appuntamento con il Teatro a Siracusa – commenta l’assessore alla Cultura, Fabio Granata –. Dopo lo straordinario successo di Sebastiano Lo Monaco, sabato gli appassionati potranno godersi una “Phaedra” magistralmente diretta da Giovanni Anfuso e con due grandi interpreti: Liliana Randi e Angelo D’Agosta. Un cartellone che già si segnala per la qualità delle produzioni e per la traccia legata alla cultura classica e al tempo attuale”. Bassetti ha riscritto uno dei Miti della classicità concentrandosi sui personaggi principali: Fedra e Ippolito. Una soluzione che consente una riflessione su alcune tematiche sempre attuali come la solitudine, il rapporto genitoriale e i modelli educativi. “Una lettura contemporanea – spiega Giovanni Anfuso -. Affondiamo le mani nel mito per trarne il messaggio che funziona anche oggi della solitudine degli uomini all’interno della famiglia. Tutto sommato il mito di Fedra è il primo attacco al nucleo familiare. Una donna contemporanea che non si sottrae al diritto di essere madre ma dimenticata da troppo tempo dagli affetti e dalle attenzioni afferma il diritto alla sua femminilità. Vive il ruolo di regina di pari passo con la solitudine che la scava dentro”. Secondo Anfuso “c’è una presa di distanza dal carrierismo sfrenato a tutti costi rappresentato da Teseo, uomo dalle grandi capacità politiche ed estremamente interessato alla carriera e disinteressato a quello che lascia dietro di sé”. Il regista ribadisce un altro tema di estrema attualità: “Phaedra non è solo il dramma di una donna ma la storia del dolore di un figlio abbandonato dal padre che non sa gestirsi e reagisce scappando via. È uno dei nostri figli che sceglie l’alcol o il fumo di fronte alle difficoltà. O che noi lasciamo davanti alla televisione. Parliamo dei nostri ragazzi e della nostri figlie e della nostra voglia di fare carriera”.
Phaedra
Riscrittura di Alberto Bassetti, regia di Giovanni Anfuso. Con Liliana Randi e Angelo D’Agosta. Voci registrate di Valentina Ferrante, Davide Sbrogiò, Eleonora Sicurella. Musiche Nello Toscano. Produzioni Raffaello
La Phaedra presuppone il celebre modello euripideo dell’Ippolito, di una tragedia perduta di Sofocle e della quarta delle Heroides ovidiane: tratta dell’incestuoso amore di Fedra per il figliastro Ippolito e del drammatico destino che si abbatte sul giovane, restio alle seduzioni della matrigna, la quale, per vendetta, ne provoca la morte denunciandolo al marito Teseo, padre di Ippolito. In questa occasione non si ricorre all’uso del deus ex machina, per mezzo del quale, solitamente, si aveva la risoluzione pacifica del dramma (il lieto fine) oltre che la giustificazione del Male compiuto nell’azione. Questo perché la presente rilettura ci offre uno spaccato di vita (chiamarla quotidiana sarebbe un po’ troppo azzardato) nella quale non c’è né rimedio, né soluzione alle atrocità commesse. I personaggi sono, in questo senso, comunque condannati: Fedra è inevitabilmente destinata al suicidio, in preda al rimorso per l’incesto col figliastro Ippolito. Nella piece domina insomma incontrastato l’irrazionale e il Male. Le anime malate, che Bassetti rappresenta, sembrano, inoltre, aver perduto una volta per sempre il senno, ovvero la ragione, senza la quale il mondo sembra essere diventato preda di ombre e di mostri in completa balìa del Male e delle forze dell’inferno. La riscrittura di uno dei Miti più noti, amati e rielaborati della Classicità, d’altronde presenta sempre la responsabilità di confrontarsi con grandi Autori; qui l’elaborazione prevede la presenza di due Attori, con lo scopo di sintetizzare e rendere più chiara e lancinante la drammaticità della Storia, senza rifuggire la possibilità di creare momenti diversi in cui inserire atmosfere e modalità più vicine al dramma, se non proprio alla commedia, rispetto all’austerità della Tragedia. Un gioco di ritmi serrati, segnati da frequenti ribaltamenti e colpi di scena; nel pieno rispetto della Tradizione, una visione comunque nuova e stilisticamente più contemporanea del grande Mito. (dalla relazione artistica).