Eventi e CulturaProvincia di Agrigento

Ravanusa: Trilussa e “Il sorriso amaro della satira”. Un trionfo di applausi nel salone dell’Atena Club

“Tutta la sua opera si direbbe lo sfogo o forse il lamento di un pessimista. Le sue favole hanno l’acre sapore della satira, nelle quali l’arguzia, quasi sempre felice, non desta il sorriso senza velarlo di malinconia”. Così scriveva, a proposito di Trilussa, Ferdinando Martini. E di satira, velata di amare consapevolezze, si è intrisa ieri sera la sala dell’Atena Club di Ravanusa, dove, tra scroscianti applausi, risate e anche alcuni amari sorrisi, l’incontro interamente dedicato a Trilussa si è rivelato un trionfo. L’occasione per parlare della satira romanesca è stata fornita dal libro di Gianni Argento: un’antologia che raccoglie, oltre alle favole dello scrittore romano, citazioni di personaggi illustri su vizi e virtù umane e disegni umoristici di Giuseppe Novello. Gianni Argento, professore in pensione e appassionato di umorismo, ha voluto così presentare il suo libro, proprio come lo stesso Trilussa avrebbe voluto: recitando le favole e suscitando il riso in platea. Una platea, quella della sede dell’Atena Club, gremita di gente che è rimasta fino alla fine attenta e divertita dalle varie performance che sono state offerte durante la serata. Ad aprire i lavori la vicepresidente dell’Atena Club Bruna Albai, che ha salutato gli invitati con cordialità passando subito la parola all’autore il quale, innanzi tutto, ha spiegato ai convenuti i motivi che lo hanno spinto a scrivere un libro proprio su Trilussa. “Mio suocero, durante la sua permanenza a Roma, conobbe Trilussa, divenendo un suo seguace e tramite lui lo conobbi anche io – spiega Gianni Argento con un po’ di emozione –  Mio suocero spesso mi recitava le sue poesie – continua – e così sono cresciuto in qualche modo impastato di Trilussa!”. Argento tiene a precisare che la sua opera è un omaggio al suocero, del quale parla con profondo affetto e stima.  Dopo un breve excursus sulla vita del poeta, tracciata a grandi linee da Argento, è stato possibile avere un piacevolissimo assaggio delle favole di Trilussa recitate con grande maestria da tre attori dell’associazione “Liberamente” di Licata che hanno fatto sorridere tutti i presenti. Ad alternarsi alle interpretazioni dei tre attori licatesi, il professore ravanusano Filippo Tornambè, noto poeta del panorama locale che ha fornito una propria interpretazione della satira trilussiana. “La satira nasce da due elementi naturali – spiega Tornambè con il suo solito modo di parlare carico di espressività – innanzi tutto nasce dal fatto che noi abbiamo un prototipo positivo dell’essere umano. Per denunciare il vizio lo scrittore utilizza un prototipo di umanità positiva. Infatti, se non conosco il positivo non posso individuare il vizio, la bugia, l’infingimento, l’arroganza, la falsità dell’umanità. Seconda caratteristica è la commiserazione nei confronti del vizio e del miserabile, perchè tutti, all’occorrenza, possiamo diventare miserabili, meschini, bugiardi, perfino assassini. La bonarietà della satira è tutta qui: in una comprensione metafisica dei vizi umani. <<Homo sum, humani nihil a me alienum puto>> (“Sono uomo, nulla di ciò che è umano mi è estraneo”). Ecco perchè la satira ci fa sorridere: perchè in qualche modo tutti possiamo rispecchiarci in ciò che vi si rappresenta. La satira nasce dalla consapevolezza che questo mondo non va, – spiega ancora Tornambè di fronte ad un uditorio ormai letteralmente ipnotizzato dalle sue parole – e dall’esigenza di crearne uno diverso.” Non è mancato il riferimento, irrinunciabile, al grande Pirandello e alle maschere pirandelliane, che in questo caso potremmo chiamare trilussiane: “Il nervo scoperto della nostra pietosa umanità è la consapevolezza di essere finiti e dell’esigenza di celarsi dietro migliaia di maschere. Siamo come la cipolla: togli le varie sfoglie e alla fine che resta? Il nulla!”. Riferimento, peraltro, quasi obbligato dal momento che alcuni studiosi associano la parola medievale “mascara” che originariamente significava “fantasma, spettro” e prima ancora “strega”, alla parola spagnola “càscara” che significa, appunto, “buccia di cipolla”, con un rimando ai suoi strati che si coprono l’uno con l’altro. Durante la serata non sono mancate letture e personali interpretazioni delle favole di Trilussa sia da parte di Tornambè, sia da parte dello stesso Gianni Argento, che hanno recitato con spessore poetico caricando ogni parola di intensi significati. In conclusione Filippo Tornambè si è complimentato con l’autore dell’antologia: “Gianni Argento è un personaggio prezioso per la nostra comunità, perchè selezionare le favole e affiancarle alle vignette e alle citazioni se mi permettete, oltre che a rivelare pazienza certosina, rivela pura cultura”. Parole condivise dal pubblico, a giudicare dal rumoroso applauso che ha chiuso il sipario ad un incontro carico di significati e di riflessioni sul senso della vita, sul senso dell’essere umano e dell’umanità. Un’umanità di falsità e simulazione. Tanto per concludere, così come avevamo aperto, con una citazione di Ferdinando Martini, che conobbe personalmente Trilussa: “Tutto è falsità e simulazione su questa terra, anche le lacrime delle vedove, anche la mestizia di chi segue il feretro di un amico, bolgie dantesche i partiti politici donde l’uomo onesto viene cacciato come un intruso; il decoro della vita serbato non per la morale ma per il codice penale. Questa l’umanità quale il poeta la mostra”.

Ilaria Greco 

Pubblicità