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Lettera del Sindaco Italia in occasione della giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera del Sindaco Italia in occasione della giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate.

Quest’anno la celebrazione dell’Unità d’Italia e delle Forze armate non può essere dedicata che ad uno dei passaggi fondamentali della storia nazionale e cioè la battaglia di Vittorio Veneto che 100 anni fa consentì all’Italia di uscire vittoriosa dalla Prima guerra mondiale.

Fu un giorno glorioso, comunque la si pensi, che merita di essere ricordato al di là di ogni retorica perché rappresentò l’affermazione di quel sentimento nazionale che fino ad allora, nonostante l’epopea risorgimentale, non era del tutto avvertito dagli italiani. Quel 4 novembre del 1918 si compiva l’Unità tanto attesa ed agognata e, dunque, ieri si è reso omaggio ai 600 mila soldati partiti da tutte le regioni che caddero per la realizzazione finale di un sogno: vedere l’Italia finalmente affrancata dalla presenza straniera.

La nostra gratitudine nei loro confronti è infinita e deve continuare ad esserlo. Ci hanno lasciato un bene prezioso che dobbiamo difendere con ogni forza, con tutti gli strumenti che la cultura e il Diritto ci mettono a disposizione. L’Unità della nazione non è il banale superamento delle diversità regionali, che anzi sono una risorsa e che la nostra Costituzione tutela attraverso il titolo V. Essa è la formazione di un sistema di valori condiviso, il riconoscimento di una storia comune, la consapevolezza che l’Italia, attraverso i suoi figli migliori, è sempre stata culla di civiltà. Non è stato un percorso breve. Ci sono voluti secoli per acquisire questa coscienza ma la svolta unitaria istituzionale del 1860, portata avanti oltre e a dispetto delle differenze regionali e delle spinte centrifughe, è stata il primo passo per far sentire gli italiani figli di una sola terra, fino ad arrivare, appunto un secolo fa, all’identificazione del popolo con la Nazione.

In questi giorni, alla Festa del cinema di Roma, è stato presentata la versione restaurata de “La grande guerra”, un capolavoro di Mario Monicelli del 1959. Il racconto si colloca storicamente in quella fase di riconquista del territorio da parte dell’esercito italiano dopo la sconfitta di Caporetto. Il film colpisce per molte cose ma una di queste è la varietà di dialetti parlati dai soldati, al punto da creare problemi di comunicazione; eppure tra tante diffidenze emerge la condivisione e l’aspirazione a lungo coltivata di essere una sola nazione e di non vivere più sotto il dominio straniero. Gente semplice, di estrazione popolare, tutt’altro che eroi ma che furono capaci di atti eroici grazie alla forza di un’ideale che spingeva i soldati a combattere l’uno accanto all’altro per l’affermazione di una nuova Italia, capace di riconquistare la propria dignità e di sedere al tavolo della pace da pari agli altri stati europei per scrivere un nuovo ordine in cui giocare un ruolo da protagonista. 

Dunque, quella di oggi non deve essere una commemorazione formale ma un’occasione per manifestare una sincera riconoscenza agli uomini che combatterono e a quelli che morirono. Ed anche alle donne che in quegli anni, mentre i mariti, i padri e i fratelli erano al fronte, si sostituirono a loro e impedirono il tracollo del Paese. La Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate va vissuta lontano dalla retorica nazionalistica e militaristica ma va affermata per quella che è: il ricordo di una grande prova di popolo unito, gli italiani, a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Un esempio sempre valido, ancor di più in questi tempi in cui sembrano prevalere spinte disgregatrici e arrivano in maniera massiccia messaggi che invitano a rinchiudersi in ambiti sempre più ristretti e a guardare con sospetto chi è diverso da noi.

Così facendo non si costruiscono mondi nuovi e si perde la capacità di guardare oltre il nostro orizzonte. Invece, dobbiamo tornare ad incontrarci, a parlarci e forse anche a coltivare dei sogni; dobbiamo definire la nostra missione dentro e, soprattutto, fuori delle istituzioni; dobbiamo discutere di quale società vogliamo lasciare ai nostri figli in un mondo che, grazie alla tecnologia, è sempre più piccolo, sempre più interconnesso, in cui i giovani si incontrano, parlano e coltivano gli stessi interessi a prescindere dagli idiomi o dal colore della pelle. Un mondo profondamente diverso rispetto a un secolo fa ma che allora seppe esprimere valori universali oggi meritevoli di essere ricordati e fortificati.

Francesco Italia

Sindaco di Siracusa

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