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L’avv. Emanuele Tringali al lavoro sulle nomine Rai

Roma. 12..08.2015 – Non c’e pausa di Ferragosto che tenga di fronte alla “ingiustizia” consumata dalla commissione di Vigilanza della Rai, che giorni fa ha nominato 7 consiglieri amministrazione, senza tenere conto dei curriculum che la stessa commissione aveva ricevuto precedentemente. Ben 19, di cui la  metà di “pensionati”, i curriculum protocollati, quest’ultimi, ai sensi della legge Madia, non potevano essere nominati. Il tutto a discapito di chi , come Sebi Roccaro, presidente dell’Istituto Superiore di Giornalismo, candidato al Cda Rai, in forza del curriculum assunto al protocollo della segreteria della Commissione di Vigilanza Rai al n.1741, più volte direttore di testate giornalistiche e con esperienza manageriale ventennale nel campo audiovisivo.

Ma veniamo ai fatti: le violazioni relative alla nomina dei nuovi consiglieri di amministrazione sarebbero molteplici, oltre a quella indicata, della impossibilità di nominare “pensionati” a ricoprire un incarico di amministratore presso un’azienda controllata dalla Stato vi è la seguente motivazione: sarebbe stato violato art. 3 comma 2 della legge 12 luglio 2011 n. 120 e gli art. 2,3,4 del Decreto presidenziale n. 251 del 2012 relativo alla parità di genere. Sono solo due le rappresentanti su almeno 3, ed essendo la Rai una società non quotata in borsa avrebbe tutte le caratteristiche per l’obbligatorietà della legge. Ci chiediamo: perché la commissione di Vigilanza della Rai ha richiesto i curriculum, se poi nessuno dei candidati è stato chiamato in audizione? Come mai la Commissione di Vigilanza non ha tenuto conto delle professionalità, secondo i curriculum inviati, ma ha invece inteso ricevere le direttive di partito?

Perchè riceversi prima i curriculum e poi non esaminarli? Neppure guardarli per rendersi conto delle professionalità in campo? A settembre, intanto è attesa la sentenza del TAR Lazio che farà luce su quanto accaduto!

G.B

 

 

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